Siamo tutti uguali. Accettare le diversità come unica uguaglianza possibile, è il sogno dimenticato al mattino. Ben svegli, il richiamo del diurno è un grido di battaglia! Siamo tutti uguali, per rivendicazione di appartenenza. Siamo tutti uguali, metafisicamente. Siamo tutti liberi, di fare ciò che vogliamo. Si annuncia l’oggi senza presente. Il lago è bello non perché profondo, imprevedibile e blu scuro. E’ bello quando è piatto. Del prato non si sogna più la cavalcata del vento. Del prato si cerca l’erba bassa per sedersi e farsi un selfie. Autorizzati dal nuovo consumo che consuma l’idea di merce mercificando l’uomo. Tutti correttamente uguali, così pieni di vita. Ben attenti a non farla sbordare da ratio e formati dei frame pubblicabili. 9:16? Il sorriso nelle stories è vero, lo storytelling non mente. Che grande livella, l’happycondria. Morte e vita, correttamente uguali. Canti del capraio, che diresti ora dell’uniformità? Dell' innamorata attesa? I cancelli smettono di aprirsi e chiudersi, si colorano. Del colore dell’uguaglianza e della libertà. Liberi finalmente di volere la libertà, nostra e degli altri. Non era questo che volevamo? - Voglio che tu sia libero come me! - Voglio che tu sia uguale, esattamente come lo sono io! Ci abitueremo a entrare al ristorante, pian piano. Si deve pur mangiare. Ci abitueremo a entrare spegnendoci, il nutrimento non è più il fine del mangiare. Food storytelling. Ci abitueremo a entrare con lo smartphone in mano, acceso. Ci abitueremo anche a chi parla con Dio, chi scomoda la veggenza, quando basterebbe interpellare un professionista. Si deve pur sperare. God storytelling. Non si spengono più i telefoni. Siamo tutti liberi.