


Come un eco, continua a ritornare. In sogno, oppure in mezzo alla gente. Lavoro, cene di compleanni, aperitivi di fine stagione. Torna anche quando siamo soli io e te nella stanza, o quando non ci sei. Torna quando vuole. E’ lì che vado appena smetti di guardarmi. E’ diventato un appuntamento, addirittura sperato. Quanto tempo perché riuscissi ad ammirarlo nella sua libertà. Oggi è forse più lo stupore, che non la paura. Eppure quando si avvicina scappiamo entrambi. Non siamo ancora pronti a fidarci l’uno dell’altro. Io ritorno a te, sulle mie gambe. Lui ritorna dove nulla è definito. Ritornerà anche l’incontro, come un eco.
Io, Arianna e la fotografia. Ci siamo passati la macchina fotografica lungo il molo.
La cornice era da buttare, l’ho appoggiata sulla lampada e lì è rimasta. Per mesi. Ogni volta che la guardo mi ricorda la mia inutilità. Eppure alcune notti mi dice altro. Le carrucole davanti si animano. Mostrano tutte le loro forme, anche quelle proiettate che fuggono il giorno. Come se qualcosa uscisse dalla cornice. Come se la carrucola volesse essere azionata. Come se il filo metallico arrotolato al suo interno avesse una memoria. Meccanica, ma pur sempre memoria. Come se le legasse profondamente. A ben pensarci anche i musei funzionano grazie alle cornici.
Siamo nati orfani. Apriamo gli occhi per guardare alberi e mari, monti e mani, fiumi e ali, volti e angeli. Vederli lontani per chiamarli estranei. Siamo nati disperati, forestieri nella natura stranieri alla natura. Soli, cerchiamo il figlio da restituire ai genitori. L’incontro è un contagio: il respiro più profondo segue il pugno cha ha tolto il fiato. La natura è uno scambio: mi parla, mi richiama mi spaventa, le scappo le sussurro, la cerco. Il suo incontro era in me, le appartengo e mi appartiene. Il ritorno è nell’ascolto, primitivo nello scuro della terra, nel cullare uterino. Nel tornare a casa, apro le finestre sotto lo zerbino. Entra il sole da fuori, fra le fronde apre occhi freschi da dentro, qualcosa inizia; porta il nuovo abito preludio allo sguardo. Non sono più solo, lei era genuflessa nell’attesa di una nuova vestizione. Rinasciamo, accuditi.